Senti spesso parlare di imposte, tributi, tasse introdotte dalle più svariate Leggi Finanziarie che si sono susseguite nel tempo e fai confusione?
Vorresti essere più preparato in materia di tassazione? Non preoccuparti, iniziamo a fare un po’ di chiarezza partendo da un’imposta che ha a che fare con i Comuni: la tassa di scopo.
Vediamo che cos’è, come e quando è stata introdotta, quando viene pagata e quali vantaggi e svantaggi comporta.
Che cos’è la tassa di scopo e a che cosa è destinata
La tassa di scopo è un’imposta comunale che ha come fine quello di finanziare spese e servizi offerti dal comune stesso, come le opere per il trasporto pubblico urbano, le opere viarie con l’esclusione della manutenzione straordinaria e ordinaria di quelle già esistenti, opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi, opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini, opere di realizzazione di parcheggi pubblici, opere di restauro, opere di conservazione di beni artistici e architettonici, opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti museali e biblioteche, opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scolastica.
L’istituzione tassa di scopo è avvenuta con la Legge Finanziaria del 2007, disciplinata dai commi 145, 146, 147, 148,149,150 e 151, i quali prevedono che, a partire da 1 gennaio 2007, i Comuni possano deliberare – attraverso l’emanazione di un apposito regolamento adottato ai sensi dell’articolo 52 del Decreto Legislativo n. 446 del 1997 – l’istituzione di una imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura (fino a un massimo del 30%) delle spese per la realizzazione delle opere pubbliche appartenenti alle categorie appena elencate.
In particolare, l’imposta di scopo è prevista per opere che rientrano nella categoria di ”urbanizzazione primaria” (strade, piazze, fognature e allacciamenti ai servizi pubblici essenziali) o di “urbanizzazione secondaria” (servizi e attrezzature di pubblico interesse).
Il regolamento che istituisce l’imposta interessa nello specifico: l’opera pubblica da realizzare, l’ammontare della spesa da finanziare, l’aliquota d’imposta, l’applicazione di eventuali esenzioni, riduzioni o detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti (in relazione all’esistenza di particolari situazioni sociali o di reddito, con particolare riferimento a tutti quei soggetti che già godono di alcune esenzioni, agevolazioni o riduzioni ai fini del versamento dell’imposta comunale sugli immobili sulla prima casa e ai soggetti con reddito inferiore ai 20000 euro) e le modalità di versamento degli importi che sono dovuti.
La tassa di scopo è dovuta, se ci riferiamo alla stessa opera pubblica, per un periodo massimo di cinque anni ed è determinata applicando alla base imponibile dell’imposta comunale sugli immobili un’aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille.
L’imposta di scopo è disciplinata dall’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili.
È molto importante ricordare, come abbiamo già accennato poco fa, che il gettito della tassa di scopo non può essere superiore al 30% dell’ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare.
Inoltre, i Comuni sono obbligati a dare il rimborso dei versamenti effettuati dai contribuenti (entro due anni successivi), nel caso in cui l’opera pubblica prevista non sia stata iniziata entro due anni dalla data fissata dal progetto esecutivo.
Tuttavia, sono state apportate alcune significative modifiche rispetto all’originaria formulazione dell’imposizione tassa di scopo, secondo i commi 145-151 dell’art.1 della Legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007), con il Disegno di Legge 23 del 2011 articolo 6.
Sono state individuate opere ulteriori, oltre a quelle indicate nell’articolo 1, comma 149 della già citata Legge n. 269 del 2006 e che noi abbiamo precedentemente riportato nei dettagli.
La durata massima dell’applicazione dell’imposta, stabilita nella stessa legge appena nominata (Art. 1, comma 147, della citata legge n.296 del 2006) ha subito un aumento fino a dieci anni.
È stata, inoltre, prevista la possibilità che il gettito della tassa di scopo finanzi l’intero ammontare della spesa per l’opera pubblica da realizzare.
Mentre, rimane l’obbligo di restituzione dell’imposta – previsto dall’articolo 1, comma 151 della già più volte citata sino a qui nel nostro articolo Legge n. 296 del 2006 – nel caso in cui l’opera non iniziasse entro due anni dalla data prevista.
Imposta di scopo: vantaggi e svantaggi
Da quello che abbiamo detto fino a ora, si può dedurre che la tassa di scopo è determinata dall’applicazione di un’aliquota dello 0,5 per mille alla base imponibile dell’imposta comunale.
Per quanto riguarda la disciplina dell’imposta, si applicano le stesse disposizioni vigenti in materia di Imu, quindi ciò significa che c’è l’esenzione dall’imposta di scopo per le unità immobiliari destinate ad abitazione principale.
In realtà, essa comporta dei vantaggi che consistono in due importanti potenzialità: può essere un passo verso il riequilibrio fiscale in un contesto come quello che stiamo vivendo attualmente, in cui il federalismo fiscale si è fino a questo momento risolto in uno spostamento del carico fiscale dalle fasce più ricche a quelle più deboli della popolazione, mentre aumenta la concentrazione della ricchezza.
Essendo, inoltre, la tassa di scopo legata – per sua stessa natura – a opere pubbliche locali consente l’avvio di significativi processi partecipativi territoriali.
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti più oscuri della imposta di scopo c’è un altro punto da analizzare.
Come abbiamo già detto, l’imposta è prevista per categorie di opere (“urbanizzazione primaria” e “urbanizzazione secondaria”) che i Comuni dovrebbero coprire del tutto o quasi con i ricavo delle tasse per le concessioni edilizie (cioè gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzioni con le relative sanzioni), come fu già previsto per la prima volta dalla “Legge Bucalossi”, ovvero la Legge n.10 del 1977,
ma che alcune delle Leggi Finanziarie degli ultimi anni – come per esempio quella del 2005 (la Legge 311 del 2004) – hanno previsto potersi utilizzare fino al 75% nel 2005 e fino al 50% nel 2006 per coprire la spesa corrente dei Comuni, o meglio gli stipendi e i consumi dei Comuni.
Una decisione del tutto sbagliata che ha messo i Comuni nella condizione di destinare le risorse per la manutenzione delle strade al pagamento degli stipendi.
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